CRITICI

RiflessioniBruno Munari

Un’opera tridimensionale la si percepisce guardando l’insieme delle forme, seguendone la superficie, le superfici varie, seguendo come sono assembrati i vari elementi che la compongono. Così si ha la percezione dell’insieme dell’opera. Ma, in realtà, se l’opera è fatta di materiale opaco, noi la percepiamo solo percorrendo con lo sguardo tutte le superfici visibili, eventualmente girando attorno all’opera tridimensionale. L’opera potrebbe essere anche vuota di dentro, come certe grandi sculture, addirittura praticabili dai visitatori.
Le opere di Ōki Izumi si guardano in altri modi. Il materiale usato è trasparente e incolore, si vede attraverso, in certe opere si vedono forme sinuose che in realtà sono fatte di aria, vuoti d’aria che si percepiscono formalmente come un oggetto tridimensionale. Ōki non usa materie opache, usa una materia invisibile e fredda, usa il vetro in lastra. Compone dei plastici dove lo sguardo può penetrare all’interno e, addirittura vedere anche la parte opposta, è un altro modo di comporre e di percepire. Questa materia durissima, fredda e impenetrabile, permette di percepire l’esterno e l’interno di un’opera, la sua struttura, l’insieme degli elementi sempre trasparenti che la formano.

Un’opera di vetro è inoltre molto sensibile alla luce dell’ambiente, secondo la direzione e l’intensità della luce il vetro mostra suggestivi effetti di riflessione, di trasparenza, di apparizione di bagliori cromatici.

Il vetro è un materiale carico di grandi possibilità comunicative, è invisibile ma impenetrabile; non si è mai certi della sua presenza, è un materiale che riflette e fa riflettere.

Gennaio 1994